COLOMBIA, UN ANNO DAGLI ACCORDI DELL’HAVANA

COLOMBIA, UN ANNO DAGLI ACCORDI DELL’HAVANA

E’ ormai passato già un anno dalla firma degli accordi dell’Havana tra guerriglia delle FARC e governo colombiano nella persona di Juan Manuel Santos. Tempo di bilanci, tempo di riflessioni. Un conflitto quello Colombiano che va avanti da più di 50 anni e che ha provocato un numero incalcolabile di morti. C’è chi dice 218mila c’è chi dice molti di più. Santos riceve il premio nobel 2016 per i colloqui di pace e per la firma degli accordi all’Havana. Un processo di pace fortemente voluto dal Venezuela e da Cuba, nonché dalla Norvegia. Una fase quella del post conflitto appena iniziata: c’è chi dice che ci vorranno 8 anni per poter parlare di stabilizzazione e di entrata definitiva nella fase del post conflitto c’è chi dice 10 anni. Una fase che è nelle televisioni e nei giornali stata definita dalla società colombiana “trascendentale”: l’abbandono delle armi da parte delle guerriglia più antica del mondo e il passaggio al confronto politico democratico. Le FARC, il cui patrimonio si aggira intorno agli 80 milioni di euro, dicono di essere pronte al passaggio alla vita democratica. La società non è invece affatto così convinta della buona fede e delle reali intenzioni delle FARC, che pure hanno consegnato 14.000 mila armi in loro possesso, sotto la supervisione dell’ONU e di organismi internazionali. 15Mila i guerriglieri che si sono smobilitati e ai quali bisogna trovare una una nuova collocazione nella società. In base agli accordi pattuiti le FARC avranno dei seggi nel parlamento senza diritto di voto per un certo periodo di transizione. Ma c’è nel parlamento colombiano chi ha più paura di vedere i leader delle FARC in parlamento a snocciolare i loro sermoni politici, che “nella foresta a far volare pallottole”. Timochenko è il nuovo candidato alle elezioni delle nuove FARC, che hanno cambiato il proprio nome da Forze armate Rivoluzionarie Colombiane a Forze Alternative Rivoluzionarie del Comune. Sullo sfondo una serie di problemi enormi e insoluti: l’indicizzazione delle vittime del conflitto, i processi per crimini di guerra e lesa umanità, la questione dei “falsos positivos” (civili uccisi e presentati come guerriglieri), la questione agraria, il disarmo e il processo di pace in Ecuador con la seconda guerriglia colombiana l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale), il para militarismo, la mafia, la delinquenza, il narcotraffico,gli omicidi politici, la drammatica questione sociale, la povertà di ampi strati della popolazione soprattutto nelle campagne e nelle periferie delle grandi città. La questione femminile. Vediamoli uno ad uno. Per primo incontriamo Emilio un distinto signore colombiano sulla 60ina da anni in Italia e con una brutta storia alle spalle. Ordiniamo un caffè al bar. “Avevo aperto finalmente la mia impresa vado in ufficio e la prima telefonata che mi arriva è delle FARC: conosciamo te e la tua famiglia, sappiamo chi sei e dove vivi. Adesso tu ci intesti l’impresa. Mi è toccato firmare ed intestare tutto ad una persona a loro indicata, fuggire dal paese con mia moglie”. Non perde mai la calma è arrabbiato ma non disperato è un imprenditore e ha saputo rifarsi negli anni. Parlo poi con David Rabelo Crespo attivista sociale, insieme ripercorriamo la storia del conflitto colombiano. David, come è la situazione dei diritti umani ad un anno dagli accordi dell’Havana? La violenza, il narcotraffico e la povertà sono diminuite?” Credo che ad 1 anno dalla firma degli accordi la situazione sia uguale o peggiore. Il paramilitarismo continua ad assassinare: attivisti politici della sinistra radicale, leader sociali, leader del movimento contadino particolarmente, ex guerriglieri che hanno lasciato le armi e sono tornati alle loro case. “La situazione di diritti umani è molto complessa, ma noi attivisti continuiamo a lottare. Perché vogliamo la pace vogliamo una soluzione politica al conflitto, l’unica soluzione possibile. Ma per far questo abbiamo bisogno di garanzie: che non sia più un delitto essere di sinistra ed essere attivisti politici come è successo per molti anni. Si può dire che Colombia è un paese che ha sempre vissuto in guerra a partire dal 1929 e dall’assssassinio di Gaitan del 1948”. Si riferisce all’assassinio di Gaitan un politico del partito progressista molto ben voluto dal popolo colombiano, assassinio che scatenò un periodo di 20?? anni che è passato alla storia come “periodo della violencia” durante il quale sia il partito conservatore che il partito progressista avevano formato un proprio esercito clandestino. “In questo periodo i gruppi paramilitari attaccavano indiscriminatamente la popolazione residente in zone storicamente feudo della sinistra, letteralmente distruggendo città e paesi interi. Nelle città i membri de partito liberale venivano assassinati indiscriminatamente dal partito conservatore. Poi ancora già nel 1986 ci fu il primo processo di pace tra governo colombiano e FARC. I guerriglieri dele FARC scesero dalle montagne, uscirono dalle foreste e dalla giungla e crearono un partito politico, la Union Patriottica. Di questo partito furono assassinati a colpi di sicariato più di 5000 militanti. E imandanti furono sì paramilitari, ma collusi con membri della forza pubblica, del governo colombiano e delle forze armate statali. Ricordo questo solo per dire che Colombia di fatto è sempre stato un paese violento. E lo è tutt’ora: in un anno ci sono stati 187 omicidi politici di cui 59 di ex guerriglieri delle FARC che ormai però hanno formato un partito politico legale chiamato Forze Alternative Rivoluzionarie del Comune. Noi abbiamo paura di questa violenza che ancora continua nonostante gli accordi di pace e non vogliamo che il paese continui su questa strada. Qui in Colombia ti assassinano perché pensi in una maniera differente. Se un giornalista dice la verità lo assassinano, se sei un attivista politico della sinistra radicale corri il rischio reale di essere assassinato e succede non di raro. Avvocati che vengono pedinati e arrestati, queste pratiche sono molto comuni qui in Colombia. C’è molto odio e i partiti politici di destra soffiano sul fuoco. Ma continueremo a denunciare denunciare denunciare alla legge e all’opinione pubblica nazionale e internazionale.” Il padre di David anche è un attivista politico, ha subito periodi di detenzione, gode di misure cautelari offerte da organismi internazionali e recentemente il suo nome è apparso in una lista nera diffusa dai paramilitari delle AUC. La politica che si fa con le armi senza esclusione di colpi da ambo le parti è effettivamente una costante della storia colombiana. Come dimenticare l’assassinio di Garzòn un comico e giornalista molto famoso e benvoluto dalla popolazione? Un periodo quello della “violencia” in Colombia che ha contato decine di migliaio di morti, ma è ancora una volta difficile produrre statistiche esatte. Un periodo e che è durato più di 20 anni: tutti avevano il proprio esercito privato sia liberali che conservatori. Le bande armate del PCC il Partito comunista Colmbiano sarebbero poi diventate le FARC, le bande armate dell’estrema destra i gruppi paramilitari. Eduardo Galeano alle porte del processo di pace dell’Havana in un anelito di speranza con gioia salutò il nuovo processo di pace e disse: “né gli dei nei i diavoli hanno condannato Colombia ad una catena di violenza perpetua”. Ma cio che costituisce l’incognita più grande è verificare la profonda lacerazione politica che divide il paese e che sembra tutt’altro che rimarginata. Dopo la firma degli accordi di pace il Governo Santos ha sottoposto tali accordi ad un referendum consultivo ed il No agli accordi ha vinto per poche poche migliaia di voti. Manifestazioni oceaniche, al grido di NO alle FARC, hanno attraversato il paese. Incontriamo Anita (il nome è di fantasia per proteggere la fonte): è restia una intervista anche sotto falso nome perché lavora come giornalista per un periodico molto conosciuto in Colombia. Ha paura. “Sono di destra perché le FARC hanno attaccato il paese dove vivevo e ci hanno costretto a fuggire nascoste sotto balle di fieno nei camion dei contadini. E’ indescrivibile la paura che abbiamo vissuto in quelle ore eravamo nascoste sotto al fieno e sentivamo solo le raffiche di mitra, le bombe, le esplosioni”. Kathrine e una giovane psicologa, insieme parliamo di psicologia del post conflitto: “il trauma della guerra è tanto grande e profondo che la gente preferisce dimenticare. Ha paura di parlare perché lo possono identificare ed uccidere e preferisce dimenticare dimenticare dimenticare”. David invece dice esattamente l’opposto: “Bisogna conservare la memoria e continuare a denunciare. La pressione dell’opinione pubblica internazionale è molto importante per il processo di pace. Molto si deve all’azione di pressione/dissuasione esercitata da organismi internazionali, stati esteri, ONG ”. Ora bisogna ricollocare ben 15000 mila ex guerriglieri: chi vuole fare l’avvocato, chi il giornalista, chi il contadino, chi vuole studiare informatica…ma un gruppo di 1000 irriducibili si è ribellato al comando centrale delle FARC in esilio a Cuba ed è rimasto in armi. Un gruppo di 1000 dissidenti fuori dal controllo delle stesse FARC che già ha messo a segno colpi significativi e azioni militari: Ad aprile del 2017 un gruppo della dissidenza delle FARC uccide un soldato nel Guaviare sud della Colombia e lascia sul campo 3 militari feriti.”Una soldat è morto e 3 sono risultati feriti a causa di un attacco perpetuato dalla dissidenza delle FARC nel Guaviare (sud est della Colombia). I responsabili dell’attacco sono il fronte 1, secondo informazioni del Ministero della difesa”. Si tratta di un fronte delle FARC che ha deciso di non unirsi al processo di pace. “Condanno l’attacco sovversivo nel Guaviare e esprimo solidarietà con le famiglie della vittima e dei feriti. L’Esercito continua i suoi operativi nella zona. Attaccheremo la dissidenza delle Farc con tutti i mezzi” a nostra disposizione” scrive Santos nel suo profilo twitter il 19 aprile 2017.” “Un veicolo che trasportava personale militare e realizzava lavori di accompagnamento alla Polizia Nazionale e ad autorità ambientali è stato attaccato con un artefatto esplosivo improvvisato. In tutto il paese sono presenti attualmente 15 fronti di disertori che raggruppano circa 700 guerriglieri,” dichiara Santos il 23 novembre 2017. Para militarismo. Parallelamente pochi mesi fa i paramilitari delle AGC Autodefensa Gaitanista de Colombia e delle AUC Autodefensas Unidas de Colombia si sono concessi in interviste e documentari: “il nostro leader Castano è ancora vivo” Si sono fatte riprendere mentre marciavano indisturbati nelle montagne colombiani in mimetica e passamontagna sotto il comando Castano leader storico del para militarismo, come spettri di un passato che non vuole andarsene. “Siamo ancora qui continueremo a coltivare coca e abbiamo anche avuto alcuni scontri con truppe certamente ridotte della dissidenza delle FARC. Pochi mesi fa abbiamo sorpreso anche alcuni minorenni che portavano armi da guerra alla guerriglia delle FARC. Ci avevano confessato sotto mentite spoglie di appartenere ad un fronte delle FARC e li seguivamo da tempo. Non li abbiamo ammazzati solo per la giovane età. Abbiamo invitato le famiglie a stare attente a dove vanno i propri figli quando escono di casa”. Dopo la retata di arresti di leader paramilitari che è seguita a queste dichiarazioni i paramilitari si mostreranno più ben disposti verso il processo di pace. Falsos positivos. L’ONU registra 52 omicidi politici da gennaio a giugno, ma ONG e movimenti sociali parlano di ben 187 morti. “Al di là dei numeri il tema è che c’è una violenza focalizzata che si è acutizzata addirittura i alcune zone dopo l’uscita di scena delle FARC, scrive il quotidiano spagnolo El Pais. La questione femminile. Ne parliamo con Maddalena Celano studiosa accademica di questioni femminili in america latina e processi sociali. Maddalena tu hai viaggiato e condotto ricerche in Colombia Cuba ed Ecuador. Qual è il fattore repressivo principale che impedisce, reprime o ritarda l emancipazione femminile nei paesi latinoamericani dove hai viaggiato? “Il paese che riscontra la situazione più drammatica e invisibile è la Colombia. Lì l’abbandono del nucleo familiare da parte dell’uomo immediatamente dopo il parto è quasi la regola nelle campagne e negli strati sociali sia svantaggiati, ma anche benestanti. Spessissimo avviene che la donna si ritrovi ad essere il perno economico della famiglia nell’indifferenza del compagno o marito. E’ un problema culturale raramete l’uomo contribuisce alle spese economiche a meno che non appartenga ceti abbienti, ma a volte nemmeno in questi casi. Se si analizza la situazione delle donne afro ed indigene la situazione è drammatica. Si crea così una situazione diffusissima tra afro indigeni e donne povere tale per cui la donna cresce da sola la famiglia nell’abbandono e nel degrado, spessissimo sottopagate. Le statistiche di minorenni nubili quindi di ragazze minorenni madri sono impressionanti. Tutto ciò a occhio nudo non è sempre visibile ma se si scavano a fondo le statistiche i daiti sono impressionanti. Il numero di ragazze madri è tra i più alti al mondo. Le famiglie cresciute nel degrado sono tantissime ma in zone lontane del paese, invisibili al turismo internazionale c’è un altro paese un’altra colombi tu lo sai bene.”. Narcotraffico ed estorsioni: i combos di Medellin. Intanto a Medellin ricompaiono alla luce del sole i combos, bande di narcotrafficanti ed estorsionisti il cui strapotere continua immutato negli anni, sopravvive a faide interne e a guerre con lo Stato Colombiano e la Dea statunitense. Il loro leader Don Berna è stato estradato negli USA dove deve rispondere dei delitti di narcotraffico, riciclaggio, terrorismo, banda armata. Andres è coordinatore di una delle 12 strutture che maneggiano il business del narcotraffico e delle estorsioni. Come coordinatore delle strutture dei combos rilascia alla televisione una intervista che concede con viso coperto da passamontagna e con un fucile da guerra nelle mani, in un quartiere periferico di Medellinn. Lo sguardo è tranquillo e la voce tradisce l’età non superiore sicuramente alla trentina. “Dopo l’arresto di Don Berna i pochi combos sopravvissuti si sono ricompattati. Nelle nostre file abbiamo ex paramilitari e ex guerriglieri ex militari ex autodefensas. Tutti i nostri ragazzi hanno ricevuto addestramento e formazione militare, mi da quasi pena dirlo molti dei nostri ragazzi sono minorenni”Sotto il suo comando ci sono 4 gruppi armati che operano in 10 quartieri periferici di Medellin come la comuna 13, ma arrivano a riscuotere le estorsioni fin nelle piazze del centro. “Le armi entrano dalle colline di Medellin”, dice caricando il suo fucile. “Hanno armi che nemmeno noi abbiamo in dotazione”confessa un poliziotto colombiano.”La tassa è di 15euro al giorno e ad uno gli tocca pagare o lasciare il lavoro ed andarsene a casa o chiedere all’azienda di cambiare percorso. Per nessuno è un segreto questo.” dice un autista di autobus. Il pagamento del pizzo avviene in pieno giorno di fronte alle telecamere sull’autobus stesso.” La carriera criminale di Andres inizia a 14 anni.” nella guerra vera e propria sono entrato ai 18 /19 anni, ma il mio primo omicidio è stato ai 14/15 anni. La prima entrata in guerra dei combos è stata per l’estradizione di Don Berna. Poi questa guerra è finita e già è arrivata un’altra guerra con los urabenos. I pochi combos che sono rimasti operativi si sono poi ricompattati. L’oggetto della contesa sono questioni di soldi e di territorio, non si combatte altro che per questo semplicemente. Nulla di più. Si giunse all’accordo che se qualcuno violava i patti lo stesso combo si sarebbe occupato della sua esecuzione”. Tre riunioni in Argentina Medellin e in una fattoria di San Geronimo paesino nelle campagne di Medellin. Questi accordi hanno portato per un periodo alla pace nelle comunas 10 13 e 17. ”Esistono 2 città due Medellin, una che si affaccia sulla scena internazionale con grandi eventi, innovazione tecnologica, turismo, cultura. Un’altra dove non è raro trovare morti all’angolo scontri armati. Qui l’abbandono e la carenza di opportunità sono il pane quotidiano”, spiega il giornalista.”Abbiamo anche fatto una riunione disarmati alla presenza della polizia che garantiva la nostra incolumità. Abbiamo tracciato confini e stabilito cifre per il negozio di droga e estorsioni”continua Andres . ”Il comune non partecipa ad accordi tra banditi che avvengono in luoghi oscuri e lontani. Noi siamo al lato della istituzionalità. Sopratutto perchè questi accordi sono fragili e mirano solo a rafforzare il potere dei gruppi criminali. Abbiamo investito 80mila milioni di pesos in sicurezza e politiche sociali” nega un funzionario del comune. ””Dopo gli accordi la percentuale di omicidi è diminuita significativamente”continua il giornalista””Dopo questi patti si può dire che le sparatorie i morti e i feriti sono diminuiti”conferma Andres.” Le armi entrano facilmente dall’Urabà, le portiamo anche a piedi dalle colline. Un revolver costa 900mila pesos (poco più di 300euro9). Una pistola 3 milioni di pesos (1200 euro). Un fucile da guerra 6milioni di pesos (200euro)” continua candidamente Andres. Si calcola che solo a Medellin e solo per le estorsioni i combos ricevono 50mila milioni di pesos l’anno, a cui vanno aggiunti le estorsioni alle compagnie private di bus.”In media chiediamo 15 euro al giorno per bus”. Più la fabbricazione e distribuzione di alcolici adulterati”una bottiglia di liquore che costa 40mila pesos si trova a 15mila in strada”. Crimini delle FARC Amnistia e JEP Giurisdizione Speciale per la Pace. Molte critiche sopratutto dei settori Uribisti al governo Santos derivano dal varo della JEP Jurisdiciòn Especial por la Pas, un accordo di collaborazione e protezione dei testimoni in base al quale gli ex guerriglieri si sottomettono alla giustizia come collaboratori e pentiti in cambio di sconti di pena. Le FARC però parlavano di amnistia generale, amnistia che il governo Santos non ha mai promosso ma ha barattato con la Jurisiciòn Especial por la Paz. Contrariamente a quanto pattuito negli accordi dell’Havana però gli ex guerriglieri delle FARC, che per un periodo hanno anche goduto della protezione individuale e collettiva dell’esercito tramite scorta armata, sono ora vittima della vendetta paramilitare. Il governo è impotente secondo alcuni addirittura alcuni settori delle forze armate sono complici della vendetta paramilitare: impossibile verificare fatto sta che il rispetto del diritto alla vita, primo diritto umano è alla base delle convenzioni internazionali e degli accordi dell’Havana. Ma il governo colombiano sembra impotente verso le truppe paramilitari. Le vittime delle FARC chiedono invece pene severe ed esemplari. “Molti paramilitari che stanno nella carcere tra cui Julian Bolivar non hanno raccontato la verità ed oggi è libero e continua a seminare terrore comprando testimoni e minacciando esecuzioni. Oggi il paramilitarismo è ancora presente e Alvaro Uribe ne è il responsabile principale, il mandante principale” Continua David Rabelo. “Il paramilitarismo continua ad uccidere, non più stragi di massa come nel passato ma selettivamente per non provocare la reazione dell’opinione pubblica internazionale. Il caso di mio padre può rientrare nella Giurisdizione Speciale per la Pace ed ottenere una revisione del processo, perché sono ormai stati riconosciuti e largamente provati errori tecnici nel processo e sostanziali: “Mio padre è stato condannato sulla base della testimonianza di un ex paramilitare e questo è inaccettabile il caso di mio padre è evidentemente un caso di falso positivo giuridico, la Corte Interamericana dei Diritti Umani e varie ONG internazionali sono molto attente al caso di mio padrea e alla sua incolumità fisica. E già godeva di misure di protezione della polizia e di organismi internazionali come la Corte Interamericana dei Diritti Umani., nonchè di accompagnamento internazionale d parte di ONG. Ci sarà una revisione del processo a mio padre per arrivare ad una verità storica definitiva. La verità storica in Colombia è una verità a metà se vogliamo una verità completa ognuno deve mettere il proprio granello di sabbia”. Sei sicuro che non vuoi che ponga un nome di fantasia nell’intervista? “Non ci sono problemi siamo abitati ad essere bersaglio mobile e se si vuole arrivare alla verità ognuno deve portare il proprio contributo e parlare forte e chiaro”.

Alessandro Bonafede

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